EXCERPTA

    Scrivere come scrittori provetti o scribacchiare come… scrivani inetti?
    La libertà individuale, il benessere generale e lo sviluppo sociale sono valori umani fondamentali che possono essere conseguiti soltanto mediante l’esercizio dei diritti costituzionali propri di ogni stato razionalmente organizzato da parte di cittadini istruiti, informati e consapevoli del loro ruolo nell’ambito della vita comunitaria. Quindi la partecipazione proficua e costruttiva dei diversi soggetti alle procedure istituzionali, ai processi democratici e al progresso civile collettivo dipende dall’accesso libero (ossia illimitato), diretto (cioè immediato) e assoluto (ovvero integrale) al sapere complessivo, cioè alle conoscenze culturali totali e ai dati informativi globali. Qualsiasi scritto può costituire un mezzo di divulgazione indeterminata, di acculturazione generica e di informazione specialistica valido, funzionale ed efficace, ma il principale veicolo di trasmissione stabile del pensiero umano è rappresentato dal libro, il mediatore per eccellenza fra i concetti elucubrati espressi dallo scrittore e i commenti consequenziali elaborati dal lettore, che permane lo strumento comunicativo ideale per porre in rapporto, indipendentemente dai limiti oggettivi dello spazio e del tempo, l’autore di un’opera, scientifica, artistica o letteraria, con i fruitori della stessa.
    Si può scrivere come veri scrittori oppure scribacchiare come meri… scrivani, tenendo conto del fatto, però, che, sebbene questi ultimi non creassero veri e propri componimenti letterari, nondimeno, rispettando canoni, convenzioni e prassi di carattere generale, in quanto sufficientemente scolarizzati e abbastanza colti per svolgere convenientemente il loro specifico ruolo professionale, redigevano testi ben comprensibili e opportunamente congegnati sotto tutti i punti di vista. Certi “imbrattacarte” del giorno d’oggi, invece, prescindendo dalle loro capacità tecniche effettive, hanno la pretesa di ritenersi letterati, scrittori o giornalisti solo perché riescono a tenere in mano una penna o sono in grado di percuotere selvaggiamente le malcapitate tastiere dei tachigrafi, delle macchine per scrivere o dei calcolatori elettronici che hanno la sfortuna di cadere nelle loro grinfie. D’altronde, è risaputo che a scrivere - anche egregiamente, fastosamente, grandiosamente, impeccabilmente, irreprensibilmente, magnificamente, meravigliosamente, ottimamente, prestigiosamente, sfarzosamente, signorilmente, sontuosamente e splendidamente - si può imparare, ma, sfortunatamente (o, forse, fortunatamente), non si può insegnare!
    L’arte di scrivere presuppone proprietà di trattazione, facilità di esposizione e finezza di presentazione; tre qualità tassative che si manifestano incisivamente attraverso un’obiettiva e profonda analisi strutturale, mediante un’accurata e metodica ricerca formale e per tramite di un animato e personale vigore stilistico. Inoltre gli schemi esplicativi devono prendere in considerazione logicamente gli stilemi caratteristici della dialettica classica e i tipici dettami della retorica tradizionale, interpretandone validamente l’essenza astratta secondo gli usi più antichi, ma modificandone fattivamente il significato concreto in chiave moderna, per adattarli funzionalmente alle particolari esigenze della letteratura contemporanea in tema di soggetti di dissertazione, di strutture costitutive e di elementi descrittivi.
    Le discipline che bisogna conoscere, le materie che è necessario studiare e le tecniche che è indispensabile padroneggiare per esprimersi perfettamente e compiutamente, per parlare correttamente ed esaurientemente, e per scrivere esattamente e proficuamente sono assai numerose e molto articolate; comunque, nel quadro di una concezione sinottica equilibrata, congrua e congruente, una cultura letteraria sufficientemente evoluta non può prescindere dall’esame approfondito delle principali cognizioni, teoriche e pratiche, relative ad alcuni insegnamenti comunemente ritenuti fondamentali.
    Anzitutto, per un’ideazione agile, lucida, accurata, chiara, meditata, precisa, ordinata, rifinita, incisiva, acuta, viva, accorta e sagace è essenziale un’elaborazione produttiva delle finalità del pensiero rivolta all’esaltazione deliberata della ragione, cioè dell’opportunità di cogitare, peculiare dell’Uomo, in quanto tipica della natura umana, interpretata come capacità elettiva di discernere fondatamente e avvedutamente con animo sereno, di definire rapporti gerarchici e funzionali complessi e interdipendenti, e di stabilire giudizi autonomi e imparziali ampiamente condivisibili. (Peraltro, fornire una spiegazione univoca ed esaustiva dell’accezione autentica e originale di tre termini così impegnativi sul piano filosofico e scientifico è, praticamente, impossibile, giacché, per certi versi, i lemmi ideazione, pensiero e ragione possono essere intesi, indifferentemente o con lievi sfumature semantiche di ardua focalizzazione, come attività psichiche specifiche mediante le quali gli individui, ordinando cronologicamente i diversi contenuti della coscienza e classificandoli progressivamente come episodi significativi della propria vita interiore, acquistano consapevolezza del loro essere e della realtà circostante, come espressioni di intelligenza superiore in grado di dare un senso logico alle cose e di desumere un assetto unitario dell’universo, come facoltà inerenti alla formazione, spontanea o indotta, di costrutti mentali coerenti, armonicamente inseriti nell’ambito di un quadro cosmico finito, come potenzialità intellettuali altamente differenziate e discriminanti idonee all’estrinsecazione intenzionale dei procedimenti cerebrali relativi allo sviluppo, proporzionato all’estensione delle reti neurali e all’entità delle interconnessioni sinaptiche encefaliche, dell’immaginazione capitale, della creatività incondizionata, della riflessività generalizzata, dell’osservazione particolareggiata, del coordinamento relazionale, della memorizzazione avanzata e dell’esposizione comprensibile di principi basilari, di informazioni determinanti e di evidenze risolutive, come possibilità caratteristiche di fissare l’attenzione primaria, di mantenere la concentrazione subordinata e di applicare la considerazione selettiva nel corso dei tentativi di soluzione delle varie problematiche esistenziali, come substrati spirituali imprescindibili dell’espressività dimostrativa e dell’operatività attiva, e come strumenti intellettivi di maturazione personale, di crescita soggettiva e di evoluzione culturale.)
    In seguito è possibile apprendere la gnoseologia, che affronta il problema della conoscenza nelle sue forme universali, l’epistemologia, che esamina sistematicamente e criticamente lo scibile umano dal punto di vista scientifico e cognitivo, e la logica, che studia la struttura e l’attività del pensiero elaborato analizzando dettagliatamente il decorso dei processi mentali concernenti la correttezza e la validità dei ragionamenti in base ai contenuti precipui e ai moduli cogitativi. (Cercare, trovare, soppesare, conservare, trasmettere: da un punto di vista strettamente culturale, sono queste le principali attività degli esseri senzienti; cosicché, in pratica, la specie umana non fa altro che scoprire ciò che ha ricercato, valutare quello che ha scoperto, ritenere ciò che ha valutato e diffondere quello che ha ritenuto. Pertanto, sul piano cognitivo, la logica può essere suddivisa in quattro parti distinte, del tutto autonome, ma funzionalmente congiunte, che comprendono: le procedure di indagine, di osservazione e di studio [arte dell’ invenzione], i metodi di analisi, di esame e di elaborazione [arte del giudizio], le tecniche di sintesi, di apprendimento e di assimilazione [arte della memoria] e i sistemi di comunicazione, di insegnamento e di divulgazione [arte dell’elocuzione]).
    La fase seguente investe la semiotica, ossia la teoria generale dei simboli, la semiologia, ovvero la dottrina dei segni linguistici, la glottologia, che valuta l’essenza funzionale, astratta e concreta, degli idiomi nella loro utilizzazione corrente e nei loro rapporti con la storia della cultura, l’etimologia, cioè la tecnica specialistica che si occupa della ricostruzione delle origini dei vocaboli, la pragmatica, che considera fattivamente il significato delle forme espressive nell’ambito dei linguaggi naturali storicamente acquisiti, l’ermeneutica, ovvero l’arte di intendere giustamente il senso degli scritti, e l’esegetica, ossia la scienza dell’interpretazione critica dei testi. (Per discriminare il giusto significato del testo, si applicano alla lettura i principi della lectio, della recitatio, del judicium, della enarratio [commento e analisi], della emendatio [critica testuale o filologica], della collatio e della - ultima - ratio!)
    Dopo avere superato le difficoltà propedeutiche iniziali risulta agevole e stimolante dedicarsi a ricerche professionali e a indagini sperimentali di portata più vasta, impegnandosi seriamente nello studio della dialettica, l’arte di disquisire con logica serrata, in modo particolarmente abile e persuasivo, attraverso la disposizione organica e motivata dei concetti nell’eloquio, sempre linearmente scorrevole nel suo flusso descrittivo, molto efficiente dal punto di vista puramente strutturale e assai efficace sul piano meramente funzionale, della retorica, la tradizionale disciplina del parlare e dello scrivere volta all’acquisizione e al perfezionamento di uno stile espressivo sottile, forbito e facondo, dell’oratoria, la quale rappresenta la più importante tecnica usuale di dissertazione basata sull’esposizione metodica e diligente di assiomi di interesse collettivo finalizzata alla comunicazione diretta di opinioni, di pareri e di vedute, dell’eloquenza, che insegna ad adeguare in maniera elegante e raffinata l’aspetto delle enunciazioni verbali esplicative alla sostanza degli argomenti oggettivamente trattati, della logografia, la consuetudine letteraria di approntare in anticipo, con competenza e con maestria - del tutto o in parte - (per sé o per altri), interventi, orazioni e conferenze da tenere successivamente, dell’eristica, la prassi consistente nel confutare le inferenze avverse rilevandone solecismi, improprietà, aporie, paradossi, assurdità, errori e falsità con lo scopo di confondere, di imbarazzare, di sconfiggere e di avvilire gli antagonisti, e della polemica, suprema esternazione del talento innato di sostenere vivacemente o aspramente, con discorsi, nelle dispute, o con testi, nelle diatribe, alcune posizioni ideologiche programmatiche in aperta, feroce e, talvolta, inconciliabile contrapposizione pregiudiziale rispetto ad altre.
    (Su un piano parallelo, ma nettamente distinto, si collocano: l’estetica, fondata sulle inchieste di stampo filosofico e sulle investigazioni di portata antropologica rivolte all’illustrazione e alla catalogazione dei fenomeni creativi in base al nutrito insieme dei fattori richiesti dalla corrente concezione dell’eleganza e alla vasta gamma dei parametri accettati dal comune sentimento della bellezza, la stilistica, intesa sia come scienza degli stili, deputata a dissertare minuziosamente sui lineamenti accessori e sui caratteri ornamentali delle espressioni artistiche, sia come disciplina autonoma tendente a valutare l’importanza delle opere del genio in funzione di precise scelte pratiche, operate collettivamente, nell’ambito di un gruppo composto da esponenti dotati, autorevoli e riconosciuti, o effettuate individualmente, in totale assenza di inquadramenti formali e di schemi predefiniti, e la critica, manifestazione psichica indipendente e categorica consistente, soprattutto, nella recensione della validità morfologica palese, a livello morale, e nel giudizio del rilievo sostanziale recondito, dal punto di vista culturale, di ogni attività, istintiva o meditata, dello spirito umano, in rapporto con gli argomenti prescelti o con i criteri adottati.)
    Infine si può entrare nei più minuti dettagli imparando la grammatica, cioè l’insieme delle convenzioni che danno stabilità alle manifestazioni espressive umane attraverso la descrizione dei vari gruppi di norme che regolano l’applicazione pratica delle prescrizioni codificate nell’ambito dei numerosi settori nei quali viene suddivisa la materia. Essa, infatti, comprende parecchi sottoinsiemi molto ostici, direttamente o indirettamente collegati con la glottologia, facilmente inquadrabili, però, in poche, e ben precise, branche capitali: la fonetica, la fonologia e la fonematica, che studiano le emissioni tonali tradizionalmente intese, cioè vagliate isolatamente secondo i processi delle loro precipue articolazioni, analizzano i fonemi nell’ambito dei loro rapporti reciproci e classificano i suoni linguistici includendoli in una struttura idiomatica globale, la morfologia, la morfonologia e la morfematica, le quali esaminano la conformazione intrinseca di tutte le parole e la configurazione interna degli elementi variabili del discorso abbinando i morfemi (prefissi, infissi e suffissi) ai temi dei diversi lemmi, determinano il valore specifico delle forme espressive inserite in un sistema omogeneo e coerente, e definiscono l’impiego pratico delle singole unità operative, semplici e complesse, e la sintassi, che prende in considerazione, in maniera metodica e approfondita, la combinazione differenziale dei vari termini costitutivi (sintagmi), la composizione armonica delle frasi e l’organizzazione funzionale delle proposizioni. Oltre alla trattazione del segnale fonico come significante espressivo (immagine acustica ed effigie sonora) e del segno linguistico come significanza colma di senso espositivo (simbolo ideale ed emblema concettuale), la grammatica, mediante la lessicologia, che valuta elettivamente le componenti glottologiche maggiormente significative, e attraverso la lessicografia, che raccoglie tassonomicamente i vocaboli di ciascuna lingua, individua distintamente, ordina settorialmente e disamina attentamente il lessico, cioè gli aspetti peculiari dei significati estrinseci (semantica) che rendono agevolmente intelligibili i vari linguaggi e perfettamente comprensibili i diversi idiomi, provvedendo anche a fissare la giusta pronuncia delle formanti emesse (ortofonia), l’esatta articolazione dei toni linguistici (ortoepia) e la corretta utilizzazione dei tratti grafici (ortografia).
    La glottologia è la disciplina che studia i linguaggi verbali nella loro struttura e nel loro uso. Il segno linguistico è un’unità bivalente che unisce un’immagine acustica (significante) ad un concetto ideale (significato) secondo un criterio assolutamente arbitrario, di origine sociale. Ogni lingua è un sistema di segni in cui ciascun elemento costitutivo si trova in interazione reciproca con tutti gli altri secondo modalità strutturalmente specificate e funzionalmente definite nell’ambito della semiologia. Qualsiasi raggruppamento di segni rappresenta un insieme di mezzi di espressione logicamente, fondatamente e razionalmente adeguati ad uno scopo preciso. Secondo il modello funzionalista, il circolo della comunicazione (formato da un mittente che codifica un messaggio e lo invia ad un destinatario che lo riceve e lo decodifica, interpretandone il significato precipuo) si basa su sei componenti fondamentali a cui sono associate altrettante funzioni linguistiche: messaggio, mittente, destinatario, canale, codice e contesto. Il canale è costituito dalla connessione psicologica e dall’apparato fisico impiegati per la trasmissione del messaggio, che, per risultare intelligibile, deve essere formulato sfruttando un codice almeno in parte comune a mittente e a destinatario. Il contesto indica la complessità delle condizioni nelle quali avviene la comunicazione, cioè la situazione che accomuna emittente e ricevente, e ad esso appartengono i referenti ai quali il messaggio si richiama attribuendo loro un senso compiuto. Gli enti operativi impegnati nelle attività esecutive specifiche svolgono sei diverse funzioni pratiche: la funzione espressiva, che è la capacità del mittente di manifestare sentimenti e di trasmettere emozioni; la funzione conativa, la quale racchiude la potenzialità di influenzare il comportamento del destinatario; la funzione referenziale, che si occupa prevalentemente della definizione circostanziata dei parametri, ordinari e straordinari, relativi al contesto del messaggio; la funzione poetica, la quale è intimamente connessa con la struttura formale del messaggio inviato; la funzione fatica, che è rivolta soltanto a mantenere il contatto nel corso della comunicazione interpersonale; e la funzione metalinguistica, la quale tende a rappresentare fattivamente la caratteristica del linguaggio di poter parlare di se stesso, autoanalizzandosi in maniera esemplare. (Per tutti gli aspetti teorici e pratici che si riferiscono alle discipline semiotiche, la massima unità linguistica è il discorso, il quale possiede un senso compiuto ben definito e corrisponde ad una situazione comunicativa completamente svolta.)
    La retorica è l’arte dell’argomentazione (ovvero la scienza dell’esposizione). Anticamente essa si esercitava in tre ambiti sostanziali: forense, giudiziario o legale (ad accusa o a difesa degli imputati nei processi), deliberativo, induttivo o risolutivo (per persuadere le assemblee ad esprimersi in un certo modo) ed epidittico, espositivo o dimostrativo (per convincere gli uditori della validità degli entimemi illustrati); ma anche attualmente, benché applicata soprattutto in funzione riflessiva, enumerativa ed esplicativa in campo letterario, questa tecnica non ha perso il suo ruolo primario. Essenzialmente la retorica si compone di cinque parti: inventio (scelta dei soggetti da trattare e spoglio degli assunti basilari), dispositio (strutturazione dei contenuti e sistemazione ordinata dei principi unitari), elocutio (cura dei criteri espositivi, delle analisi espressive e delle particolarità decorative), memoria (registrazione delle tematiche primitive e impianto mnemonico verbale) e actio (cernita dei toni, delle pause e della mimica); ma la sezione più rilevante, dal punto di vista pratico, è quella centrale, che deve rispettare tassativamente puritas (purezza linguistica), perspicuitas (chiarezza comunicativa), conveniens (rispondenza della forma all’argomento) e ornatus (ornamentazione), ricercando il giusto equilibrio fra redazione lineare e uso del linguaggio figurato mediante l’introduzione - moderata - delle figure retoriche, suddivise in due classi oppositive, ciascuna distinta in generi, tipi e varianti: figure di parola (figurae verborum, tropi o traslati), che consistono nell’inserimento di termini impropri e nella sostituzione di messaggi pertinenti con espressioni inadeguate, e figure di pensiero (figurae sententiarum, nessi o artifici), che si ottengono modificando formalmente la comunicazione ordinaria attraverso peculiari variazioni dei diversi elementi costitutivi del discorso. (Il quadro sistematico globale delle figure retoriche concepite come cambiamenti ragionati e razionali del linguaggio organico si articola in quattro gruppi distinti: metaplasmi [mutazioni cruciali di singole parole], metatassi [alterazioni strutturali di intere frasi], metasememi [trasformazioni radicali di significati evidenti] e metalogismi [modificazioni logiche di periodi complessi]; mentre la ripartizione degli artifici locutori nell’ambito di ciascuna sezione viene effettuata in base a quattro categorie di interventi direttamente gestibili: soppressioni, aggiunzioni, soppressioni-aggiunzioni e permutazioni. Il sistema delle figure retoriche classiche - colores, lumina, ornamenta - comprende un’enorme congerie di schemi modulari eclettici e versatili ricombinabili all’infinito con singolari espedienti e con ingegnosi stratagemmi; tuttavia le locuzioni artefatte riscontrabili con maggiore frequenza nella prosa odierna sono circa un centinaio e vengono correntemente denominate, secondo l’antica terminologia letteraria direttamente riconducibile al ricchissimo patrimonio culturale greco e latino, con appellativi che ne identificano con precisione il focus, qualificandole immediatamente, indubitabilmente e indiscutibilmente.)
    Per quanto concerne genericamente l’elucubrazione, la ricerca dei concetti, la focalizzazione degli argomenti e la formulazione delle idee necessarie agli svolgimenti tematici devono risultare sempre lineari, sequenziali e brillanti (in quanto l’invenzione è strettamente connessa con doti innate come l’intelligenza, l’immaginazione e la sensibilità); per ciò che riguarda specificamente la sostanza, inoltre, la selezione delle informazioni, il coordinamento delle nozioni e la distribuzione delle tesi adottate in via preliminare devono apparire regolarmente chiare, lucide e razionali (poiché la disposizione dipende principalmente dalla capacità di osservazione, dalla profondità di riflessione e dalla prontezza di memorizzazione); per quel che investe direttamente la forma, infine, l’efficienza dialettica, la corrispondenza semantica e l’efficacia stilistica delle espressioni letterarie adoperate nella composizione dei brani devono dimostrarsi costantemente fluide, eleganti e originali (dal momento che l’elocuzione presuppone un completo dominio dei mezzi tecnici linguistici, semiologici e grammaticali, una grande abilità nel perseguire la proporzione, l’equilibrio e l’unità di esposizione dei pensieri senza perdere di vista la varietà, la gradazione e la leggerezza nello sviluppo dei periodi, e, soprattutto, un notevole buon gusto unito ad un buon senso eccezionale, per evitare di scadere nella squallida incuria e nella misera sciatteria formale o nell’insulsa ovvietà e nella noiosa banalità sostanziale, tipiche espressioni di inconcepibile impreparazione basilare, di inammissibile confusione logica e di abominevole mediocrità culturale).
    La conformazione interna degli scritti deve ricalcare abbastanza fedelmente i moduli standard dell’ars oratoria ovvero dell’artificium dicendi (o, forse più propriamente, della scientia scriptoria oppure della ratio scribendi), impiegando un’introduzione basata su un esordio morbido e graduale, idoneo ad attirare l’attenzione del lettore, o su un avvio improvviso e repentino (ex abrupto), adatto a sorprendere e a destare interesse proprio per l’attacco senza preamboli, utilizzando una proposizione atta ad indicare sinteticamente, ma organicamente e ordinatamente, dal punto di vista programmatico, gli argomenti oggetto della trattazione specifica, adoperando un’esposizione consistente nella presentazione razionale, progressiva e particolareggiata dei soggetti della composizione e nell’analisi minuziosa, approfondita e completa di ogni aspetto della questione considerata, usando un’argomentazione volta alla dimostrazione della validità dei riscontri probatori e dei ragionamenti logici addotti a sostegno dei teoremi prodotti, e, infine, sfruttando una conclusione, strutturata in forma di chiusura terminale, di semplice epilogo, di stretta finale, di breve sommario, di elegante coronamento, di vibrante perorazione o di prorompente acme, culminante in un’eloquente e succinta revisione dell’intero discorso tesa alla stabilizzazione definitiva del lavoro come un insieme organico e funzionale sotto ogni aspetto.
    Per le implicazioni tangibili attinenti agli incentivi, ai contenuti e alle motivazioni, le varietà della prosa vanno dal genere politico (o deliberativo) a quello forense (o giudiziario) e spaziano dal tipo sacro (o teologico) a quello accademico (o epidittico), passando scorrevolmente dall’esteso trattato sistematico alla breve relazione tecnica, attraverso lo studio specifico, la dissertazione metodica, il saggio descrittivo, il compendio riassuntivo, il commento didascalico, la recensione critica e l’articolo pubblicistico, ma mantenendo costantemente concrete prospettive di organizzazione operativa - professionalmente realizzabili - delle procedure analitiche e sintetiche fondamentali lucidamente pianificate prima di iniziare a lavorare.
    La stilistica studia i diversi modi di presentare e di esporre le idee e i concetti, oralmente o per iscritto. I parametri stilistici sono molto personali e costituiscono un carattere inconfondibile dell’oratore o dello scrivente. A prescindere dalla tripartizione classica dei modelli di riferimento, convenzionalmente organizzati in tre stereotipi - umile, adatto alla farsa e alla commedia, mediocre, adeguato alla lirica e al dramma, sublime, appropriato all’epica e alla tragedia - passibili di vizi per difetto o per eccesso di ars rhetorica, gli stili comunemente utilizzati in letteratura (ma non nel giornalismo, che, spesso, sostituisce lo stile con lo… stiletto, e senza… misericordia, tanto per restare in tema di pugnali acuminati letali!), come manifestazioni proprie di tradizioni culturali stabilizzate o come espressioni peculiari dei temperamenti intellettuali dei vari soggetti creativi, sono, eminentemente, quattro: lo stile sintetico, lo stile analitico, lo stile fiorito e lo stile aulico. Nondimeno lo stile, in senso stretto, da non confondere assolutamente con il gusto, in senso lato, può essere anche: misero, dimesso, stringato, semplice, lineare, sobrio, elegante, ornato, enfatico, ampolloso, smaccato, pedantesco o tedioso, per quanto concerne massimamente la forma; tragico, comico ovvero elegiaco, per quel che attiene specificamente alla materia; e oratorio oppure epistolare, per ciò che riguarda tipicamente il genere.
    Il perfetto equilibrio acquisito tra la sedimentazione della formazione umanistica e l’assestamento della preparazione scientifica deve permettere di trattare con uguale competenza e agilità l’informazione essenziale, l’attualità giornalistica, la scienza speculativa, la tecnica applicata, la letteratura in tutti i suoi aspetti, le arti di qualsiasi genere, gli sport e le altre attività ludiche (con qualche pizzico di arguzia aggiunto qua e là per sdrammatizzare un po’ i toni eccessivamente grevi e seriosi di argomentazioni particolarmente delicate, stimolando gradevolmente la vena umoristica dei lettori).
    Naturalmente l’unità di luogo, di tempo e di azione è rigorosamente necessaria soltanto nel contesto delle creazioni di stampo puramente narrativo; tuttavia, nell’ambito della letteratura d’appendicite, le pratiche scemografiche sono assai diffuse, perché, troppo spesso, oggi, si tende a scrivere esattamente come si parla, cioè pedestremente o, peggio, podicemente (“Ideo podices verba efferunt horridula!”).
    Pur adoperando costantemente una meditazione assai razionale, applicando scrupolosamente un costrutto sofisticato e prediligendo attentamente un eloquio fluente, nel corso della redazione di un testo è sempre consigliabile una continua ricerca della concinnitas, cioè di un’armoniosa corrispondenza fra le varie sezioni e di un sobrio equilibrio tra le diverse parti a tutti i livelli di suddivisione (senza tener conto dei caratteri complementari, dei simboli grafici accessori, dei tratti diacritici facoltativi e degli indispensabili segni di interpunzione, ogni scritto articolato si compone di capitoli, di paragrafi, di commi, di proposizioni principali, di frasi subordinate, di parole, di sillabe e di lettere).
    A prescindere dalla natura (qualità) e dall’estensione (quantità) (purché la prima sia un’espressione poligrafica di cultura e la seconda non superi i limiti della grafomania), comunque, tutti i testi contemporanei devono essere redatti nel pieno rispetto delle apposite norme emanate dall’UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) e dall’ISO (International Standards Organization - Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione).
    Prof. Riccardo Delfino